giovedì 26 giugno 2008

Conversazioni con Daniel Adami, il Cercavite. #3/2. "I cileni sono una razza che dal continente sudamericano deve venire sicuramente bandita".

Incontro del 16 Giugno 2008. Ore 16.00.
La pazza serata con Rodrigo Pellizzari e un po' di geopolitica.

D – Comunque, spazzando questo discorso, dopo la sera si è svolta in una maniera particolarissima. Allora, siamo andati a prenderti e siamo andati alle Piere a bere qualcosa. E quando c'eravamo finalmente seduti col cocktail in mano si è avvicinato...
G – Sì, c'ero anch'io, adesso non tenerla troppo lunga.
D – Si è avvicinato questo tipo.
G – Tuo amico.
D – No, no.
G – Beh, insomma.
D – No.
G – Come si chiamava?
D – Si chiamava Rodrigo Pellizzari. Insomma, un cognome che non è per niente italiano.
G – Non è vero.
D – Va be', però lui non andava d'accordo con gli italiani. Cioè, non so, ha ribadito più volte il fatto di essere sudamericano.
G – Tu ti sei subito seduto vicino a lui.
D – No, mi hanno obbligato, mi hanno costretto, il Marce mi ha detto: “No, adesso facciamo cambio di posto”.
G – No, sei stato tu a volerti sedere vicino a lui.
D – No, dai, siete stati voi a spingermi perché volevate che parlassimo in spagnolo.
G – Non era per quello.
D – (su di giri) Perché bisognava chiedere se era vero, come avevo detto la sera precedente a quella, che la Danimarca in spagnolo se dicesse la Dinamarca. Nessuno mi ha mai creduto, ma è la verità.
G – Comunque, Daniel, vi baciavate, tu e il cileno.
D – No, era lui che mi baciava.
G – Anche tu una volta l'hai baciato. La mano, gli hai baciato la mano.
D – No, lui mi ha baciato la mano.
G – Tu gli hai baciato la mano.
D – No, io no. È stato lui a baciarmi la mano (scosso), basta, e non l'ha baciata soltanto a me, l'ha baciata anche ad altre persone. A Cappiotti le ha baciato la mano, le ha chiesto quattro cicche, e le ha dato un abbraccio dopo. Poi lui non sapeva cosa fare.
G – Dai, Daniel, adesso devi spiegare a tutti perché ce l'hai così tanto con i cileni. Cosa ti hanno fatto i cileni?
D – Allora, i cileni sono una razza che veramente, secondo me, dal continente sudamericano deve venire sicuramente bandita.
G – Addirittura.
D – E beh, dai, i cileni si sono comportati di merda con tutto il resto del Sudamerica durante gli anni, soprattutto con l'Argentina.
G – Non avevo dubbi.
D – Nella guerra delle Falkland loro gli prestavano le loro piste aeree agli inglesi.
G – (risate)
D – Ma perché? Noi facciamo la guerra agli inglesi, voi dovete essere fratelli sudamericani, siamo paesi lì, sul confine, ci dividono solo le Ande. Cioè non potete... In quell'epoca c'era quel testa di cazzo di Pinochet che stava preso bene con la Thatcher, e facevano questi accordi, cioè loro prestavano le loro strutture militari agli inglesi per far la guerra contro l'Argentina. Poi io ho conosciuto dei cileni che veramente sono persone fantastiche, soprattutto a livello artistico. Hanno avuto degli scrittori come Pablo Neruda...
G – Sì, va be', ieri sera non parlavi dei cileni proprio in questi termini. Appena il Pellizzari si è alzato hai iniziato ad insultarli con una cattiveria impressionante.
D – Va be', ieri sera ovviamente che era tutto riportato a un livello molto più astratto come cosa, più viscerale. Ovviamente ci sono degli aspetti dei cileni che mi piacciono.
G – Stai recitando adesso.
D – No, no, non sto recitando, sto tentando di sviluppare un'idea.
G – Io so qual è stata la cosa che ti ha fatto più incazzare ieri.
D – Quale?
G – La classifica dei paesi sudamericani.
D – No, beh, la classifica è stato l'inizio della fine. Cioè, io già venivo carburando con questa mia idea, poi alla fine lui si è spacciato con questa lista di paesi sudamericani in cui, cioè, ci ha piazzato a posti che, secondo me, non li meritiamo assolutamente e...
G – Dai, com'era 'sta classifica?
D – Ma era... beh ovviamente com'è la classifica? Ovviamente lui si mette in testa, lui, cileno, è il primo della classe. Poi al secondo posto ha messo il Messico, che io posso anche condividere, poi il Brasile, e poi si è spacciato dicendo che il quarto, prima dell'Argentina, o prima, non so, di Cuba, per dirti... cioè ha messo il Venezuela, e lì...
G – Non ci hai più visto.
D – Non ci ho più visto, insomma. Secondo me i primi della classe sono i cubani in assoluto.
G – Anche lui ha messo i cubani.
D – No, i cubani li ho detti io, e lui non li ha neanche nominati, e già capisci tante cose. Loro non riescono a tollerare questa amicizia grandissima tra l'Argentina e il Cuba, questa fraternità che c'è, insomma. Loro non riescono a digerirla. Io metto in primo piano ovviamente i cubani, perché per me i cubani sono specialissimi. In secondo luogo metto o il Brasile o l'Argentina, tipo, sullo stesso piano. E poi ne metto altri, insomma.
G – E il Cile è all'ultimo posto nella tua classifica?
D – Sì, assolutamente.
G – (risate) Ascoltami, per giustificare tutto questo rancore dovresti raccontare la vicenda del lago Argentino.
D – Lago Argentino, il nome proprio te lo dice, lago Argentino, vuol dire che è nostro, cioè, si chiama così. Loro si sono inventati questa storia che un pezzo di quel lago doveva essere loro, anzi, si son proposti con tutto il lago.
G – Ah, i cileni volevano tutto il lago Argentino? Non ci credo.
D – No, no, te lo giuro, c'è della documentazione, puoi andare a vedere se vuoi, anzi, se trovo qualcosa lo metto sul blog.
G – Allora, prometti di mettere sul blog...
D – No, vedo se riesco a reperire del materiale, se lo reperisco lo metto.
G – Sì, riguardante...
D – Che loro volevano il lago intero.
G – Ok, ok, ci sto.
D – Che difatti io adesso sinceramente non ricordo se è diventato proprio loro. Forse è diventato perfino tutto loro.
G – Hai detto ieri che ora è tutto vostro.
D – Forse l'abbiamo riscattato.
G – Sì, va be', a questo punto mi vien da pensare che sia un lago di merda.
D – No, no, è un lago importante per la popolazione, cioè, c'è tanto da andare a prendere, e loro volevano tutto il lago. Dopo, un pezzo, solo un pezzo, una specie di Striscia di Gaza.
G – (risatissime)
D – Beh, abbiamo pattuito un pezzo a loro, che era diviso da una rete, e questi bastardi mandavano della gente sott'acqua a spostare i confini più in là. E doveva venire ogni volta la polizia a prelevare questa gente e a mettere a posto i confini. Se spostavano i confini, te rendi conto? Se prendevano ogni volta più largo. Sott'acqua se spostavano le reti dei confini.
G – No, dai, non è possibile.
D – Ma te lo giuro, io prometto di reperire il materiale. Perché in famiglia avevo una persona che era dell'esercito e me raccontava queste cose. È il marito di mia cugina, è meccanico aeronautico e lavora con gli aerei della forza aerea argentina.
G – Però non sai com'è finita.
D – Alla fine c'era una sentenza che diceva in modo esplicito che il lago era argentino, cioè era nostro, era territorio totale dell'Argentina. Poi alla fine non so se c'è stata un'altra sentenza. È per quello che voglio andare a documentarmi un attimo.
G – Anche per curiosità?
D – Sì, sì, sicuramente.
G – Ma anche perché hai fatto una promessa ai lettori.
D – Ho detto che, se reperisco il materiale, per chi è disposto, in qualche maniera tenterò di allungarlo.

lunedì 16 giugno 2008

Conversazioni con Daniel Adami, il Cercavite. #3/1. Un omaggio ai Farabrutto, un brindisi a Veronica Marchi.

Incontro del 16 Giugno 2008. Ore 16.00.
La pazza serata con Rodrigo Pellizzari. Prologo.

D – Eccoci qua, eccoci qua.
G – È sempre emozionante, anche se è la terza volta, l'emozione è sempre la stessa.
D – Eh, c'è sempre un fascino particolarissimo, te ricorda un po' come quella canzone dei Farabrutto, no?
G – Quale?
D – Quando lui... si ferma così con la chitarra (facendo il gesto della stoppata di corde) e fa: “Eccoci qua, eccoci qua”, e dopo partono e... una botta di vita. C'è Sbibu come un pazzo.
G - ...
D – Eccoci qua, eccoci qua.
G – Raccontami di ieri sera, dai.
D – Beh, ieri sera abbiamo toccato proprio degli altissimi livelli, come gli highlights dopo le partite, in cui se racconta il meglio. Eh, ieri sera è stata una sera pazzissima innanzitutto perché sian partiti con la partita e con tutto quello che ciò significava. Io sono arrivato in condizioni... cioè dovevo farmi prendere da mio fratello, e dopo a un certo punto stavo parlando con il mio capo sulla macchinetta del caffè e gli ho proposto di fare una mezz'ora in più a mezzogiorno per poter andare alle cinque e mezza piuttosto delle sei. Allora lui mi ha risposto: “Eh, va ben, se te ghè passion”.
G – (risate)
D – “Una volta l'ano mi no mi arabio mia”. Eh... E un mio collega doveva andare a vedere la partita a Lugagnano, allora io mi ci son fiondato e ho detto: “Grandissimo Roby, io vengo con te. Devo trovare i butei per la partita”. E sono arrivato alle sei e uno, che dovevano ancora fischiare e c'era l'inno d'Italia. No, fratelli d'Italia. Eh, il gol di Panucci, urlare fino alla morte quando Buffon ci ha tenuti ancora col sogno in gola... abbiam mangiato la pizza, anzi gli hamburger. E Cappiotti ha proposto di andare a vedere Veronica Marchi.
G – Dove?
D – Son andado al Maramao. Ci siam fiondati subito, saliti in macchina, partiti a splendidi, e arrivare là...
G – Sempre con i Mariposh?
D – No, suonava da sola. E, arrivati, c'era pochissima gente e lei faceva una rassegna di Jeff Buckley, cantava le sue canzoni. Oh, bravissima per carità, però non era il momento adatto.
G – Tieni comunque presente che poi potrebbe leggere anche Veronica Marchi il nostro blog.
D – No, non era il momento adatto per la serata, insomma...
G – Cioè, lei ti è piaciuta.
D – Mi è piaciuta tantissimo, tantissimo, a me Veronica Marchi piace.
G – (ovviamente ammicco)
D – No, no, piano, piano. Guarda che è una tra le quattro, cinque donne più rocker di verona. È una ragazza rock&roll, è presente quando lo deve essere.
G – Speri che legga queste cose? Dimmi la verità.
D – E... forse le giunge voce e... mi piacerebbe che lei ci desse il suo punto di vista.
G – Ma no, dai, cosa te ne frega. Che sapesse di avere un grande ammiratore in più.
D – Sì, sì, sicuramente.
G – Ti piace Veronica Marchi?
D – ...
G – Ti piace, dai (sempre alludendo).
D – Sa fare bene quel che fa. Comunque...
G – Vacca boia (risate).
D – (risate) Magari questa spezziamola.
G – Come?
D – La spezziamo, la facciamo un po' più romantica.

lunedì 9 giugno 2008

Conversazioni con Daniel Adami, il Cercavite. #2/2. La fantastica storia di coco pollo.

Incontro del 26 Maggio 2008.
Il gran finale.

G – Allora, Daniel, vuoi raccontare una volta per tutte la vera storia di coco pollo?
D – Allora, la vera penso che sia sempre stata raccontata, ovviamente che, a seconda di come era stata intonata la serata, diventava più o meno colorita come storia. Sinceramente ho preso un po' di paura l'ultima volta che l'ho raccontata perché c'è stata una persona che per prima volta si è manifestata dicendo che questa storia apparteneva al mio bagaglio e non a un'altra persona.
G – Ah, cazzo, io non ci avevo mai pensato a questa cosa.
D – Sinceramente io ci sono rimasto molto male perché non mi aspettavo sinceramente un commento così da parte di una persona che ritenevo dicesse le cose in un'altra maniera. Comunque, al di là di questo, questa sarebbe una storia autobiografica, invece non lo è, però qualcuno ci ha creduto a questa cosa. Io son stato reticente a raccontarla...
G – Quando?
D – Beh, spesso, in questo momento qua sinceramente non ne ho voglia. Cioè, secondo me, se la racconto, il sito perde un po' di credibilità.
G – Perché?
D – Non so, perché secondo me guasta un po' con quello che era lo stile un attimo messo in chiaro finora.
G – Beh, insomma, è una vicenda che ti riguarda, una storia simpatica. Non mi pare una cosa così fuori luogo.
D – Non so, non so...
G – Non hai voglia di raccontarla, basta.
D – Non so, oggi forse no, magari un altro giorno.
G – Va be', sarà per un'altra volta. Chiedi scusa almeno.
T [ Tommaso Venturelli – Graphic Consulting – www.tommasoventurelli.com ] – Perché deve chiedere scusa?
G – Perché deve chiedere scusa. C'è tanta gente che mi chiede la storia di coco pollo e a lui non costerebbe niente raccontarla una volta per tutte e...
T – No, se lui non vuole, non vuole.
D – Ma chi è che te chiede? (ridendo)
G – Tanta gente.
D – Cioè fammi...
G – I nomi? Ti pare il caso?
D – No, no, dicevo così, vagamente...
G – Va be', basta. Peccato comunque, è una storia fantastica.
D – (risate)
G – Non vedo perché tu non debba raccontarla, comunque basta dai, finiamola qui.
D – Allora, dai, la raccontiamo però...
G – No, lascia perdere.
D – No, adesso la raccontiamo proprio nella maniera che hai detto te: fantastica.
G – Perché?
D – Perché deve essere capita in questo punto de vista, come una storia fantastica. Sicuramente, sicuramente è una roba che, mi auguro almeno, penso difficilmente capiterà al novanta per cento delle persone, e...
G – Va bon, dai, diamoci un taglio, Daniel. Forza, la storia di coco pollo in versione fantastica.
D – Molto bene. L'inizio è questo, è molto semplice. Io mi ritrovavo ancora in Argentina, parlo di una decina di anni fa, nove, otto, son stato invitato a una festa, poco tempo dopo che ero tornato da Buenos Aires a Cordoba...
T – Cordoba non è in Spagna?
D – Sì, beh, la nostra si chiama Cordoba proprio in memoria di quell'altra.
T – Ah.
D – Praticamente la storia è che io vado a questa festa di cui conoscevo soltanto il festeggiato e il mio migliore amico e, parlando con persone, così, divertendoci, abbiamo incontrato un ragazzo che è arrivato lì e che ci ha salutato, e i miei amici in una sorta di battuta attaccata al saluto dicevano, praticamente prendendolo un po' in giro, “grande coco pollo”, “hai fatto la tua papera”, insomma. Praticamente questo ragazzo qua io non lo conoscevo, non capivo le battute e in quel momento sono rimasto un po' perplesso. Dopo un po' di tempo ho chiesto al mio migliore amico...
G – Che era Felipe?
D – Che era Felipe, che è Felipe.
G – (applausi)
D – E niente, lui mi ha spiegato che praticamente a questo personaggio lo chiamavano così perché aveva avuto una storia abbastanza divertente da raccontare. Allora lui mi spiegava che questo ragazzo era andato a pranzo con una ragazza che conosceva da poco, e questa ragazza a metà del pranzo ha mollato il tipo perché avevano discusso. Lui, nell'amarezza più grande, se n'è andato dal ristorante ed è andato in un bar a rifarsi la serata a forza di birre. Nel frattempo in questo bar conosce un'altra tipa e nel giro di poco tempo riesce a intortarla, insomma, se dà da fare alla grande e porta a casa il risultato, ecco. Allora invita questa ragazza a mangiare il pollo in questo posto che si chiama “coco pollo”, che è un posto a Cordoba in cui fanno il pollo molto buono, e vanno a mangiare lì. Incominciano a bere un po' troppo finché stanno abbastanza male. Lasciano questo ristorante e stavano per andare a bere qualcosa, ma lui praticamente invita lei a casa sua e lei accede.
G – Accede?
D – Accede. Quindi vanno a casa sua e cominciano a fare le loro cose sul divano finché a un certo punto capiscono la situazione e vanno al dunque, ecco. Andando al dunque, lui se tira giù i pantaloni e prega lei di fare il suo dovere. Lei, messa un po' alle strette, accede. Per seconda volta. Andando avanti coi preliminari, praticamente lei ha un momento in cui non se sente tanto bene, perché aveva bevuto un bel po' prima, e, in una maniera abbastanza tragica, riesce a vomitare tutto quello che ha mangiato nel momento dell'atto sessuale. A questo punto il nostro amico se ritrova come un motorino ingolfato e capisce che è finita qua, insomma. Quindi si leva lei di torno, la porta in bagno, la lava, si lava anche lui, mette questa ragazza sul divano a dormire, lui va in camera sua e pensa che eventualmente il giorno dopo chiariranno i conti. Lui va a dormire, poi si alza e a un certo punto, cioè appena alzato al mattino, gli viene questa voglia matta, che viene a ognuno di noi uomini, di andare a fare la prima pisciata. Lui si dirige verso il bagno, si tira giù i pantaloni e a un certo punto fa quel solito movimento che facciamo noi uomini, che è de scappellare per pisciare, e se ritrova sul glande un pezzo di pollo.
T – (grassissime risate)
D – E da lì se capiscono tante cose.